UN’OPERA DA TRE SOLDI [1929]

Erano degli innovatori nel loro campo. Erano dei testardi nel raggiungere il loro obbiettivo. Erano dei perfezionisti nel loro lavoro. Erano diventati delle celebrità, dapprima nel loro quartiere, e poi in tutta la Germania.

Erano fratelli. Si chiamavano Franz e Erich.

Erano tempi difficili quelli in cui erano cresciuti. La prima guerra mondiale era scoppiata quando avevano rispettivamente dieci e otto anni. La loro adolescenza era passata nella povertà quasi assoluta, con il padre disoccupati così come milioni di tedeschi, una camera da condividere con altri quattro fratelli, un clima di violenza ed incertezza nel loro quartiere, nella loro città e nel paese intero.

Nessuno è mai stato in grado di sapere dove e quando avessero appreso la loro arte.

Probabilmente, qua e là, in strada e in piccoli e brevi lavori sottopagati. Osservando tutto. Ascoltando tutto. Assorbendo tutto.

Il loro cognome era Sass. In seguito, lo avrebbero scritto e detto con le maiuscole, SASS. E poi separato con un trattino, SA-SS.

Erano invisibili. Erano discreti. Erano generosi. Erano passionali nella vita, così come erano freddi nel lavoro.

Non erano violenti, in tempi in cui la violenza la si vedeva e la si respirava quotidianamente.

Insieme formavano una strana coppia a vedersi.

Franz, il maggiore, nato nel 1904, era alto 1,68, mentre Erich, di un anno e mezzo più giovane, arrivava a 1,86. Il primo, paffutello in viso, l’altro più emaciato.

Ad un primo sguardo, non sarebbero passati nemmeno per parenti. Poi, notavi lo sguardo, le smorfie della bocca, il profilo del naso …

 

Moibat. Sul finire degli anni ’20. Uno dei quartieri operai di Berlino. Dove erano nati e cresciuti. Fu in quel quartiere, completamente circondato dai fiumi, che decisero di dar la prima (e sfortunata) esibizione della loro arte.

La mattina del 27 marzo del 1927, un impiegato della Berliner Bank in Werftstrasse, entrò nel caveau che ospitava la cassaforte e notò stupefatto come questa portava i segni inequivocabili di bruciatura per buona parte del perimetro dell’apertura.

La polizia, immediatamente allertata, stabilì che, quasi sicuramente, era stata utilizzata una fiamma ossidrica e che i ladri, per penetrare all’interno del caveau, avevano utilizzato un tunnel minuziosamente e silenziosamente scavato, presumibilmente per più notti, a partire da una vicina cantina.

Le indagini portarono gli inquirenti a domandare nei negozi specializzati se i proprietari riconoscessero, tra le foto di alcuni criminali schedati, il volto di qualcuno che avesse acquistato una fiamma ossidrica e/o di qualche attrezzo per lo scavo. Alla fine, un testimone aveva riconosciuto la foto del noto Franz Sass. E anche se quello aveva fornito false generalità, l’uomo non ebbe nessun dubbio.

La tattica adottata dalla polizia, nei panni dell’ispettore Max Fabich, fu quella di far finta di niente in attesa di beccare Franz e il suo inseparabile fratello Erich, anche lui ben noto, con le mani nella marmellata.

I due fratelli, ignari di essere già stati individuati dagli inquirenti, si erano intanto buttati nella loro seconda impresa.

Avevano dovuto migliorare il loro equipaggiamento, prima di tutto. Il colpo alla Berliner Bank era fallito perché era venuto a mancare l’ossigeno proprio a metà dell’opera. Non avevano calcolato che l’ambiente chiuso e umido avrebbe bruciato la loro scorta in molto meno tempo di quanto avevano calcolato.

Questa volta, Franz e Erich scelsero una banca nel vicino quartiere di Charlottenburg.

Fu il caso a tradirli, in questa occasione, e la polizia scoprì il tunnel non ancora terminato dietro un pannello con gli stessi identici colori dell’intonaco della parete circostante.

Confidando nel fatto che i ladri sarebbe tornati la notte successiva per completare il lavoro, gli agenti si appostarono in attesa di arrestarli sul fatto.

Attesa vana. I due fratelli, durante il giorno, si erano dati il cambio per controllare a distanza di sicurezza la loro opera e si erano accorti della trappola che si stava allestendo.

Per il terzo tentativo, venne scelto l’edificio della Reichbahn in Schöneberger Ufer. Erano i primi giorni di marzo del 1928.

Questa volta fu una guardia notturna a sventare il furto. Aveva sentito dei rumori che gli avevano fatto pensare a dei gatti ma aveva comunque voluto verificare. Aveva puntato il fascio di luce verso il punto da cui provenivano gli strani suoni e aveva intravisto due ombre che se la filavano a gambe levate.

La polizia scovò l’ormai solito tunnel in corso d’opera, il pannello per nascondere il buco appoggiato alla parete e, questa volta, anche tutta una serie di attrezzi necessari alla buona riuscita dell’impresa.

Il problema, ancora una volta, fu di non trovare assolutamente niente che riconducesse il tutto ai due maggiori indiziati, i fratelli Sass.

Il 25 di quello stesso mese, il portiere dell’edificio all’angolo di Budapester Strasse diede l’allarme per un forte odore di bruciato.

All’arrivo di pompieri e polizia, venne constatato l’ennesimo lavoro lasciato a metà della “banda del buco”. Ma degli autori, di nuovo, nessuna traccia.

Poco meno di due mesi dopo, il 20 maggio, il tentativo forse più ambizioso, quello di rubare la rata del pagamento dei debiti di guerra che la Germania doveva pagare alla Francia.

Gli addetti alla sorveglianza notturna durante il giro di guardia tornarono sui propri passi attirati da un rumore sospetto. Quello che videro nell’oscurità fu la sagoma di un uomo su una scala intento a tranciare i cavi di collegamento dell’allarme.

Questo, alla vista dei guardiani, con un balzo felino fu subito a terra e prese a correre. Ogni inseguimento risultò inutile, ma i ladri si lasciarono alle spalle un bottino di circa 9 milioni di Reichsmark.

Anche in questa occasione, la polizia rinvenne tutta una serie di strumenti per lo scavo ma nessuna prova certa che potesse incastrare i soliti sospetti.

Dopo l’ennesimo sfortunato tentativo, la coppia sembrò prendersi una pausa di riflessione, anche perché sentiva il fiato sul collo della polizia. O forse volevano solo riorganizzarsi e perfezionare i piani e le tecniche …

La mattina del 30 gennaio del 1929, il direttore della società bancaria Disconto in Wittenbergplatz scese nel seminterrato per aprire la porta blindata del caveau.

Con sua grande sorpresa, però, questa rimase al suo posto. Dopo innumerevoli quanto infruttuosi tentativi, il direttore si decise a chiamare la ditta che aveva fabbricato la porta blindata, la celebre Arnheim, pensando ad un difetto di funzionamento.

Dopo altre ore di sterili tentativi, anche i tecnici dell’Arnheim si arresero e si risolsero a passare alle maniere forti, praticando un buco con martelli pneumatici sul soffitto del caveau.

Lo spettacolo che si offrì agli uomini che per primi si calarono all’interno della struttura fu di quelli affascinanti e apocalittici allo stesso tempo.

La porta risultò essere stata bloccata dall’interno mediante delle placche di metallo che la saldava alle pareti. In terra, giacevano 179 delle 181 cassette di sicurezza presenti nel caveau insieme, sparse qua e là, a banconote, qualche gioiello e due bottiglie di vino vuote, segno questo che i ladri avevano avuto anche tutto il tempo di festeggiare la loro impresa.

Et voila, il capolavoro era stato servito.

Le autorità dichiararono che il colpo aveva fruttato agli autori circa 150.000 Reichsmark tra contanti, gioielli e titoli di stato. In realtà, il valore presente nel caveau della banca Disconto era infinitamente superiore, in quanto i proprietari dei beni si guardavano bene dal denunciare il valore dei loro depositi. Una stima molto più realistica indicò a circa 2 milioni e mezzo di Reichsmark l’ammontare del bottino.

La polizia mise anche una taglia sui criminali di 40.000 Reichsmark.

Naturalmente, l’ispettore Fabich non aveva mai smesso di tener gli occhi addosso ai due fratelli Sass, ma la serie di perquisizioni effettuate nella loro casa non aveva portato alcun nuovo elemento alle indagini.

Fino al Natale di quello stesso anno, quando un addetto alla manutenzione del cimitero di Loisen in Charlottenburg non notò un fazzoletto di terra scavata di fresco che non aveva nessuna ragione di essere.

Gli uomini di Fabich, avvertiti dall’uomo, iniziarono a scavare. Poco dopo, scoprirono un passaggio che portava a tre stanze sotterranee, ognuna delle quali rivestita da pareti fatte da assi di legno e il cui soffitto era puntellato da una colonna. All’interno vari strumenti atti allo scavo e allo scasso.

Fabich decise che lui e i suoi uomini si sarebbero appostati ogni notte nel cimitero con il fine di arrestare chi aveva avuto l’ardire di costruire la propria base logistica all’interno di quel suolo consacrato.

Una delle notti successive, finalmente, i poliziotti notarono un uomo scavalcare il muro di cinta del cimitero e avvicinarsi al luogo dove si trovavano le tre stanze sotterranee.

L’ispettore riconobbe nell’uomo Franz Sass. Il guaio fu che anche quest’ultimo si accorse della presenza della polizia e, prima che lo potessero acciuffare, riuscì a scavalcare di nuovo il muro e a fuggire insieme al fratello che lo stava aspettando all’esterno.

I due vennero tratti in arresto un paio di ore dopo in casa del loro avvocato di fiducia e portati alla centrale di polizia.

Il fermo, tuttavia, durò lo spazio di qualche ora. Le autorità furono costrette a rilasciare i sospetti quando l’avvocato testimoniò che i due fratelli avevano passato tutta la notte come suoi ospiti, fornendo così un alibi di ferro.

La sera dopo il rilascio, i Sass, insieme all’avvocato convocarono una conferenza stampa in un rinomato ristorante del centro, denunciando la persecuzione della polizia e il fatto di essere stati malmenati durante il fermo.

I giornali fecero sì che il nome dei Sass, già abbastanza celebre nel quartiere di Moabit, dove si narrava che i più poveri si trovassero le bollette già pagate da ignoti benefattori, e nella città di Berlino, diventasse famoso anche nell’intero paese.

Con l’avvento del nazismo al potere, nel 1933, Franz e Erich reputarono più saggio lasciare Berlino e trasferirsi nella capitale.

La popolarità dei due, comunque, permise al popolo antinazista un gioco di parole che gli permetteva di accusare i pretoriani di Hitler senza rischiare niente. Circolavano, infatti, battute del tipo:

– Chi ha incendiato il Reichtag? I fratelli SA-SS.

– Chi sono i più grandi criminali della storia? I fratelli SA-SS.

E così via.

Nella capitale danese, si presentarono con falsi documenti come facoltosi commercianti tedeschi e, il 3 marzo 1933, si stabilirono in una pensione del centro.

Nel settembre successivo, a Copenhagen venne effettuato un clamoroso colpo nella rinomata fabbrica di sigari Wulff.

Poco tempo dopo, un’altra stupefacente scoperta.

Qualcuno, non si sa come, aveva manipolato le serrature delle porte blindate che dovevano essere montate davanti alle camere di sicurezza nel palazzo in costruzione destinato a diventare la sede della compagnia petrolifero anglo-danese Shell. La manipolazione era stata fatta in modo tale che le porte sarebbero state facilmente apribili con delle semplici copie delle chiavi.

Allarmata per questi insoliti accadimenti, la polizia danese si convinse che dietro ci fossero degli uomini che, dato il livello di conoscenza ed esecuzione, non appartenevano alla criminalità locale e si mise alla ricerca di stranieri sospetti.

Franz e Erich vennero infine trovati nella loro pensione e tratti in arresto con l’accusa di documenti falsi. La perquisizione della loro stanza, tuttavia, non permise di formulare contro di loro accuse più gravi.

Dopo qualche giorno, però, arrivò una comunicazione della polizia di Berlino. Durante una perquisizione in casa della famiglia Sass erano stati rinvenuti alcuni fasci di banconote di corone danesi.

La polizia decise così di effettuare una nuova e più minuziosa perquisizione nella pensione in cui abitavano i due fratelli.

Questa volta, vennero fuori, nascoste dietro un pannello alla parete, le prove per incriminare i Sass, mappe e piccoli strumenti da scasso. Al processo che ne seguì, Franz e Erich vennero condannati a scontare quattro anni di prigione, tre per il furto

alla fabbrica Wulff e uno per il tentativo nella sede della Shell.

Ma la vera mazzata per i due arrivò quando il governo danese accolse la richiesta di estradizione da parte della Germania, che li reclamava per il clamoroso colpo alla banca Disconto.

Nell’estate del 1938, Franz e Erich vennero portati al confine tedesco e consegnati alle cure della Gestapo.

La guerra era alle porte. La storia dei due fratelli era diventata una leggenda raccontata a mezza bocca nei quartieri proletari di una Berlino ormai lontana parente della città effervescente e bizzarra che era stata negli anni ’20.

Nel gennaio del 1940, il tribunale condannò Franz Sass a quattordici anni di carcere e suo fratello Erich a undici anni.

Il giorno 27 marzo, lo stesso in cui fecero il loro ingresso nel campo di concentramento di Sachenhausen, Franz e Erich trovarono la morte, secondo la versione ufficiale, uccisi per un disperato tentativo di fuga.

In realtà, secondo quanto risultò dai registri del campo, Franz venne fucilato alle ore 20:05 e Erich esattamente cinque minuti dopo da un plotone d’esecuzione delle SS capitanato da Rudolf Höss, futuro comandante di Auschwitz su diretto ordine di Adolf Hitler.

Il tesoro rubato nella banca Disconto non venne mai recuperato.

Secondo una leggenda messa in giro dall’ispettore Fabich, che raccontò di aver fermato una notte Franz Sass mentre usciva tutto sporco di terra dalla foresta di Grunewald, il frutto del capolavoro dei due fratelli dovrebbe essere ancora là, seppellito da qualche parte, mentre un’altra versione, vox populi, narra che non esiste più, semplicemente perché era già stato tutto speso ai tempi per la gente povera del quartiere.