STORIA DI UN SIDECAR [1921]

La storia di questo sidecar inizia precisamente il 20 febbraio del 1921 quando, in un autosalone di calle Trafalgar, a Barcelona, si presentarono un uomo dalla pelle abbronzata e dai baffi spioventi ed un altro magro e con un berretto in testa per coprire la testa rasata.

Dopo aver brevemente passato in rassegna ciò che offriva il negozio, i clienti si decisero ad acquistare una motocicletta modello “Indian” a 7 cavalli, numero di matricola 84.M.846, di colore grigio dotato di sidecar. Il quale, come ogni giovane sidecar che si rispetti, era bisognoso dell’attenzione dei più grandi. E quei due, in particolare quello con il cappello, gli svegliarono una specie di emozione – per come lo guardavano, per come lo toccavano, come se indovinasse un destino …

Ci fu una discussione sul prezzo. L’uomo con la testa rasata continuava a sostenere con il posto del passeggero non era poi così messo bene, che ci sarebbe stato bisogno di qualche lavoretto aggiuntivo e che non avrebbe pagato le 5.600 pesetas che il venditore pretendeva.

Alla fine si accordarono per 5.100 pesetas. L’uomo con i baffi tirò fuori i suoi documenti che affermavano chiamarsi Miguel Diez Quiros, firmò il contratto di vendita e pagò in contanti la somma pattuita.

Il venditore non poteva certo sospettare che la vera identità dell’uomo con cui aveva appena concluso l’affare fosse, in realtà, quella di Ramon Archs, segretario del comitato regionale catalano del sindacato anarchico C.N.T., recentemente messo fuori legge dal governatore della regione, e ricercato dalla polizia perché fortemente sospettato di essere il responsabile del tentato omicidio di Felix Graupera, presidente dell’associazone della Padronal.



Ramon Archs

Archs era nato a Sants nel 1887. Il suo destino era quello di un predestinato. Suo padre, infatti, era quel Manuel Archs famoso a Barcellona per essere stato fucilato insieme ad altri tre – tutti accusati in complicità con gli attentati dinamitardi degli anarchici Paulino Pallas e Santiago Salvador – il 21 maggio del 1894, quando il piccolo Ramon aveva sette anni.

L’eredità del padre era conservata in una commovente lettera straripante di amore per la sua famiglia e per l’ideale.

Caro figlio. Leggi con attenzione queste righe scritte male da tuo padre che presto non sarà che quello che era prima di nascere, materia, polvere, gas, niente. Salderò il conto pendente con la Natura fin dal giorno in cui nacqui (…)

Forse domani qualcuno ti dirà che tuo padre era un criminale e ci sarà perfino chi mi definirà pazzo. Dì loro, e diglielo a voce alta, che tuo padre era innocente del crimine di cui era stato accusato; che mi si uccise perché ero un anarchico e propagandavo un’idea che credo nobile e giusta, senza che nessuno mi abbia mai dimostrato il contrario (…)

Ti supplico di studiare l’idea anarchica, fino ad arrivare a conoscerla. Confrontala con le altre e credo che ti convincerai che sia quella che è chiamata ad emancipare il mondo dall’abbrutimento e dalle ingiustizie che vi regnano.

Le idee anarchiche si basano sulla libertà e l’amore, mettendo a disposizione di tutti gli individui tutto quello che la Natura produce e quello che l’intelligenza umana costruisce. (…) Muori come tuo padre, se necessario, ma sii utile ai tuoi coetanei e fai la tua parte nell’opera di emancipazione del proletariato.

Ti chiedo anche, con l’aiuto di tua madre cara, di fare di tua sorella una donna utile al genere umano e che, con il tempo sia oggi una buona figlia e sorella, domani una buona compagna e madre.

Muoio convinto che così si vuole, come muoio convinto di aver sempre fatto il mio dovere.

Viva l’anarchia!”

Ramon Archs i Serra non parlava mai della sua infanzia ma si poteva ben intuire che non era stata delle più facili. Nel suo burrascoso passato c’entrava in qualche modo il fallito attentato al re Alfonso XIII, nel 1905 a Parigi. Quattro anni dopo, era stato condannato a morte a causa dei fatti della Semana Tragica. In seguito, era stato amnistiato e aveva trovato lavoro come operaio metallurgico nella “Hispano Suiza”, buttandosi subito con foga nell’attività sindacale, aderendo da subito alla neonata Confederacion. Nel 1912, per sfuggire all’arresto conseguente alla messa nell’illegalità della CNT, si era rifugiato di nuovo in Francia, dove era rimasto fino al 1918. Ancora nessuno poteva sapere che da lì alla fine dell’anno, sarebbe diventato segretario del Sindacato del Metallo e membro del Comitato Nazionale della CNT.

Era considerato più come uomo d’azione, ma non solo per questo godeva del rispetto della gente dell’Unico. Anzi. Aveva una mente fina, un’intelligenza sempre sveglia. Sapeva trarre dalle sue esperienze una filosofia di vita sicuramente saggia ed equilibrata. Non era certo un esaltato, anche se certe volte – specialmente quando pensava al futuro – veniva colto come da una sorta di misticismo.

Il giovane con la testa rasata, invece, si chiamava Ramon Casanellas. Era di dieci anni piì giovane di Archs, e era nato in un altro barrio, quello di Gracia, ma i due si conoscevano essendo anche Casanellas iscritto al Sindacato dei Metallurgici.

Ramon a sette anni era già in una fabbrica come apprendista. Nel 1909, durante la Semana Tragica, era in strada ad aiutare ad erigere barricate. A 14 anni, organizzava il suo primo sciopero sul luogo di lavoro. A 22, il suo nome era uno di quelli più rispettati tra i gruppi di autodifesa della C.N.T.. Era bravo con la pistola, insomma.

In uno dei gruppi più agguerriti del Metallo, Ramon era già stato autore, con altri, di attentati mortali a membri delle bande di pistoleros che operavano per conto della Padronal, a confidenti della polizia ed a politici come quello che, nell’estate del 1920 era costato la vita dell’ex governatore civile di Barcelona, Conte de Salvatierra.

* * *

Dallo sciopero della Canadiense, nel 1919, Barcelona, che non era mai stata una città esente da conflitti sociali, anche molto violenti, stava attraversando un periodo di vera e propria guerra. Da una parte, le autorità costituite e gli industriali che durante la guerra mondiale si erano arricchiti in modo smisurato, dall’altra parte il proletariato urbano, organizzato nella C.N.T., che, terminato il conflitto, stava subendo una riduzione di quei diritti faticosamente conquistati negli anni. E dagli scioperi si era passati velocemente ai modi più spiccioli. Gli omicidi politici erano praticamente all’ordine del giorno, tanto che il governo di Madrid aveva deciso di risolvere drasticamente la questione.

Era stato il Marchese de Faronda, direttore della compagnia delle Tranvias di Barcellona, all’inizio del novembre del 1920, a suggerire direttamente ad Eduardo Dato, il presidente del consiglio in carica, il nome del generale Severiano Martinez Anido.

E, la sera stessa, il generale Anido veniva nominato governatore della città catalana.

Sono stato a Cuba e nelle Filippine. Dovrei essere in Africa. Il governo mi manda a Barcellona e opererò come se si trattasse di una campagna militare.

Questa fu la prima dichiarazione del neo governatore – in pratica, una dichiarazione di guerra …

Quattro giorni dopo la nomina, Martinez Anido varò il nuovo gabinetto, tra cui spiccavano Martinez del Villar, un militare espulso addirittura dall’esercito; Arlegui, confermato a capo della polizia; l’ispettore Antonio Espejo Aguilar, a capo della Brigada Especial; e i carlisti Bertran i Musitu e Salvator Anglada.

E il generale Martinez Anido non aveva certo aspettato molto per presentarsi.

Dopo il decreto di costituzione del governo, seguì infatti la messa al bando del Sindacato, l’Unico, la CNT, che dir si voglia – quindi dei suoi dirigenti, delle pubblicazioni, di ogni forma di manifestazione pubblica – riunioni, feste, concerti, assemblee, un bicchiere tutti insieme al bar. Dopo ancora – e si parla di qualche giorno – iniziarono le retate in grande stile, organizzate da Arlegui.

La notte del 19 novembre, i principali dirigenti sindacalisti che dormivano nel proprio letto, vennero prelevati e portati al carcere Modelo.

La pratica della Ley de Fuga, l’usanza, cioè, di liquidare con un colpo alla schiena uomini già in stato d’arresto affermando poi che avevano tentato di fuggire, una specie di pena capitale senza dover passare dal tribunale, dove peraltro la sentenza di morte non era del tutto sicura, non era certo un’invenzione del generale Anido. Era una pratica usata nella metà degli stati “civilizzati”, ma in modo assai sporadico, estrema ratio per eliminare gli elementi più irriducibili. 

Però, la pratica della Ley de Fuga, con il generale Anido, diventò una pratica abituale.

Con il silenzio complice del presidente del consiglio Eduardo Dato, che aveva in pratica firmato un assegno in bianco pur di sbarazzarsi di tutti i grattacapi che gli procurava la situazione in Catalunya in generale, e a Barcelona in particolare.

Con la messa al bando del Sindacato, si venne ad assistere all’ascesa nei comitati degli uomini che erano più inclini a passare all’azione, che erano pronti a rispondere alla violenza con la violenza. D’altronde, quelli più propensi al dialogo, o li avevano abbattuti in strada come cani, o marcivano nel carcere Modelo, o, per salvare la pelle, se ne erano andati via lontano da Barcelona.

C’era stata quindi la tendenza a seguire l’esempio dei sindacati tradizionalmente più combattivi, come appunto quello dei Metallurgici.

Fu per questo che, per farla finita con questa situazione insostenibile, quel che restava della C.N.T. (e qualcosa restava sempre) si riunì in gran segreto il 16 dicembre in calle Vistalegre e si prese la decisione di andare ad attaccare direttamente la testa del mostro. Anzi, le teste del mostro.

Tanto per non fare nomi … in ordine crescente d’importanza:

Espejo, capo della sezione politica della polizia e torturatore in prima persona,

Arlegui, capo della polizia di Barcelona,

il generale Anido,

il presidente Dato …

Il primo a cadere sotto il fuoco dei revolver del Sindacato fu, all’inizio dell’anno, l’ispettore tanto caro ad Arlegui.

Gli altri colpi erano in fase di progettazione.

* * *

E torniamo al nostro sidercar Indian appena comprato. Il quale, contrariamente a ciò che forse pensava, rimase prudentemente nascosto per una manciata di giorni, il tempo di apportare anche alcune modiche adatte allo scopo, come la modifica del numero del telaio.

Là, il nostro sidecar conobbe gli altri due grandi personaggi più importanti della sua vita. Si chiamavano Pedro Mateu e Luis Nicolau.

Il primo era il miglior amico di Ramon Casanellas fin dai tempi dell’infanzia. Praticamente gemelli, se non per il fisico, almeno per le passioni – la pistola, le moto e l’anarchia, naturalmente.

Nicolau, invece, aveva la stessa età di Archs e, anche lui, era iscritto al sindacato dei Metallurgici.



Nel dicembre precedente, Casanellas e Mateu erano stati proposti ad Archs da Medí Martí, appartenente al famoso gruppo d’azione “los Sin Nombres”. Archs li conosceva e non aveva avuto dubbi nell’ammetterli alla missione. Mancava il terzo componente.

A dir la verità, i volontari non mancavano di certo. Medì stesso si era offerto ma lui era, come dire, bruciato, visto che viveva nella completa clandestinità essendo il suo volto noto alle forze dell’ordine e ricercato per vari attentati portati a termine dal suo gruppo.

La situazione era stata risolta da Lucia Forns, moglie segreta di Nicolau e intima amica di Amor Archs, sorella di Ramon. Era stata lei a fare il nome del marito al segretario dei Metallurgici, proponendo anche lei come una di quelle che doveva andare.



Il giorno 22 febbraio, i tre uomini portarono il nostro sidecar Indian a la Estació de Francia, lo fecero salire su una carrozza speciale adibita al trasporto e, in treno, tutti insieme raggiunsero Zaragoza.

Il programma prevedeva che Mateu avrebbe proseguito in treno per Madrid, mentre gli altri due, avrebbero raggiunto la capitale in sella al nostro Indian.

Il caso volle che, dopo pochi kilometri sulla strada per Madrid, precisamente all’altezza di Muela, il nostro sidecar avesse il suo primo incidente della sua breve vita, quando Casanellas, che guidava, per schivare una macchina, aveva perso il controllo del mezzo finendo la corsa in un piccolo dirupo, contro un albero.

Il nostro Indian ne uscì un po’ così – certo non bene – ma non così male – in fondo era ancora un giovanotto sano e forte.

Ramon e Luis lo riportarono su in strada e, lentamente, lo guidarono da un meccanico in paese.

Ramon ebbe un bel discutere con il meccanico in questione che voleva fare il lavoro in una settimana. Dovette, alla fine, offrire un po’ di soldi in più e il suo aiuto da esperto meccanico specializzato per averlo pronto per il giorno dopo.

L’errore – a posteriori – fu quello di mandare un telegramma a Mateu all’indirizzo della pensione a Madrid per comunicare il ritardo.

Risolto bene o male il problema dell’incidente, l’Indian fu finalmente in grado di raggiungere la capitale spagnola.

Là lo aspettava un locale tutto per lui, preso in affitto da Casanellas, al numero 7 di calle Fernandez Oviedo nel barrio di La Prosperidad.

Ramon, infatti, alla fine di dicembre, era partito alla volta di Tavalera de la Reina, a circa un centinaio di kilometri da Madrid, dove, sfruttando la sua competenza di meccanico specializzato, aveva trovato subito un posto di lavoro nell’officina “La Estrella”.

Nei primi giorni di gennaio, Ramon era stato raggiunto da Mateu, il quale, il giorno 12, aveva proseguito per la capitale dove, aiutato da membri della C.N.T. madrilena, aveva cercato una sistemazione per il commando incaricato della missione. Alla fine, era stato Tomas de la Llave a metterlo in contatto con una sua conoscente, Valeriana Lopez, proprietaria di una pensione al numero 164 di calle Alcalá.

Mateu aveva affitato una stanza dando le false generalità di Josè Parcaldo.

Un paio di giorni dopo, aveva fatto la sua comparsa Nicolau, sotto il falso nome di Leopoldo Noble.

Nicolau aveva subito trovato una stanza in un’altra pensione nella stessa strada – al numero 142 – e lì, era stato raggiunto dalla moglie, che per l’occasione aveva presentato i documenti falsi a nome di Francisca Mateos.

Per ultimo era arrivato Casanellas che, con il nome di Ramon Sabater, aveva preso posto nella stanza del suo amico d’infanzia.

Appena subito dopo il suo arrivo a Madrid, il nostro sidecar Indian, ebbe solo una notte per conoscere la sua nuova casa di calle Oviedo. Aveva bisogno, in realtà di un’altra settimana di riparazioni in un’officina.

Furono giorni di solitudine e di dolore, anche se Ramon non mancava di recarsi in visita per sincerarsi delle sue condizioni.

Infine, lo riportarono nella sua stanza in calle Oviedo. Là, passò un periodo tranquillo – felice, si potrebbe dire.

Ramon lo veniva a prendere tutti i giorni. Lo portava a fare giri sempre più lunghi – cosa che gli scaldava il cuore e le vene – e lo metteva alla prova – lo capiva da come accelerava, prima dolcemente, poi sempre più forte, fino a procurgli dolore, che però spariva quasi subito, e tornava di nuovo quella sensazione di benessere mai provata …

Per il resto, la vita scorreva pacifica, come se si trattasse di una vacanza.

Luis e Lucia, secondo quanto poi dichiarato dal personale e dai proprietari della pensione, sembravano una coppia perfettamente normale, educati, riservati e sobri.

Casanellas e Mateu, dal canto loro, avevano stretto amicizia con le due figlie di Valeriana. Le invitavano spesso per fare una passeggiata o per andare la teatro. Ramon usciva sovente anche da solo con una macchina fotografica per immortalare, diceva, le bellezze della capitale.

La sera, i due, in compagnia di Valeriana e delle sue due figlie, si dilettavano a leggere ad alta voce i quotidiani locali, cosa divertentissima per le tre donne per la loro pronuncia dal forte accento catalano.

In realtà, i quattro stavano discretamente lavorando alla preparazione dell’attentato.

Avevano già verificato il tragitto e gli orari fatti dalla macchina del primo ministro dal parlamento alla sua residenza.

Avevano certificato l’assenza di una qualunque scorta che non fosse il suo chauffeur armato.

Avevano controllato l’esistenza delle vie di fuga.

Mancavano solo alcuni dettagli e, naturalmente, poichè per ragioni di sicurezza erano tutti disarmati, le pistole necessarie per uccidere.

Quest’ultimo problema fu risolto da Mauro Bajatierra e Vermundo Luis Diez che si recarono nei Paesi Baschi dove erano in contatto con un Guardia Civil che trafficava in armi.

A Madrid riportarono una Mauser, due Star, una Bergman e una Martian con le relative munizioni.

Il 3 marzo arrivò la notizia dell’arresto, a Barcelona, di Evelio Boal, segretario nazionale della C.N.T., uno dei pochi ad essere al corrente di ciò che si stava preparando a Madrid.

Nel frattempo, nella Ciudad Condal, erano già 35 i membri del Sindacato caduti per effetto della Ley de Fuga o in sparatorie con bande della Padronal, nei primi due mesi dell’anno.

Bisognava agire in fretta, ed il giorno per l’azione venne fissato per l’8 di quel mese.

Il giorno prima, Casanellas si recò nel locale di calle Oviedo per apportare le ultime modifiche al nostro sidecar Indian. C’era da modificare la marmitta, di modo che il rumore della moto coprisse quello degli spari, e aggiungere delle intercapedini dove nascondere le armi fino al momento dell’attentato.

Mateu aveva affittato un altro locale dove lasciare il nostro sidecar dopo l’atto, non ritenendo quello di calle Oviedo sicuro. La destinazione finale del mezzo sarebbe stata una piccola stanza ubicata al pianterreno del numero 77 di calle Arturo Soria nel barrio della Ciudad Lineal.

La sera, i tre uomini scelsero la propria arma: Casanellas la Bergman, Mateu la Mauser e Nicolau una Star.

Il nostro sidecar, naturalmente, aveva già intuito che qualcosa stava per succedere. Fin da quella sera. Per quanto può intuire un sidecar Indian, beninteso …

Comunque, seppe che l’indomani sarebbe stato un giorno speciale. Lo capì, oltre che dai nuovi lavori, dal modo in cui Ramon lo aveva accarezzato e lo aveva guardato, più intensamente e per più tempo del solito.

Emozioni, insomma …

Nel pomeriggio del 8 marzo, Casanellas e Mateu uscirono dalla pensione e si recarono in calle Oviedo. Casanellas inforcò la moto e Mateu si accomodò al posto a sedere alla sua destra.

Il nostro sidecar prese la direzione di plaza Castelar dove li aspettava Nicolau, che prese posto dietro a Ramon.

Erano quasi le sette di sera dell’8 marzo quando, il Presidente del Consiglio in carica, Eduardo Dato Iradier, lasciò il palazzo del senato e prese posto sul sedile posteriore dell’autovettura ufficiale con autista che lo aspettava per riportarlo a casa. Il Presidente, nei giorni precedenti, era stato avvertito in via confidenziale della possibilità di attentati contro la sua persona, ma non aveva ritenuto opportuno dotarsi di una scorta – aveva solo fissato per l’indomani un incontro con il Ministro dell’Interno per discutere dell’argomento, e tanto bastava.

L’auto del Presidente, una Hudson nera con la targa distintiva del Automovilismo Rapido Militar, sfrecciò in calle de Alcalà a circa 60 chilometri all’ora. Né l’autista, né tanto meno l’importante passeggero si accorsero di quel sidecar modello Indian che, all’altezza del palazzo de Comunicaciones, si era incollato a una ventina di metri dalla Hudson e la seguiva alla stessa identica velocità.

Il piccolo corteo rallentò per entrare in plaza de la Independencia.

La Hudson svoltò a sinistra e procedette piano, ché subito doveva imboccare calle Serrano.

L’Indian svoltò a sinistra e il conducente diede gas, ché subito doveva affiancare l’auto.

Quel tratto di plaza de la Independencia quaranta secondi, un minuto forse di tempo

Casanellas pigiò sull’acceleratore, con rabbia e disperazione

Nicolau, dietro di lui, gli strinse la spalla, tirò fuori la Star e stese il braccio

Mateu, seduto al posto del passeggero, fece lo stesso

L’Indian riuscì ad affiancare l’automobile governativa.

Le pistole fecero fuoco.

Erano le 19 e 14 minuti, quando il grido – Visca l’anarquia!, in catalano – si confuse con l’eco dei spari e il rumore del motore del sidecar.

L’Indian proseguì veloce per calle Serrano, poi Goya, Castellana, poi a fari spenti fino all’ anonimo garage nella Ciudad Linear.

L’autista della Hudson, ferito lievemente ma sotto shock, proseguì per cento metri, fino alla casa del Presidente. Gli agenti di guardia capirono subito che era successo qualcosa e condussero l’auto con il suo passeggero, che respirava ancora, verso il pronto soccorso di Buenavista. Eduardo Dato però, vi arrivò cadavere. Due dei diciotto colpi che avevano raggiunto la macchina, lo avevano centrato alla testa.

Finalmente, al buio del suo rifugio, l’Indian fu in grado di pensare a ciò che era appena accaduto. Rimettere insieme pensieri ed emozioni. Respirare forte. Provare a sorridere …

* * *



HA SIDO ASESINADO EL PRESIDENTE DEL CONSEJO

Fueron disparados contra el automivil que ocupaba el Sr. Dato, varios tiros, resultando muerto el presidente y herido el chofer. El triste suceso ocurriò à las 8 de la noche cuando el Sr. Dato salìa del Congreso

[La Vanguardia, 9 marzo 1921]

La testa più importante del Mostro. Colui che aveva dato il via libera alla Ley de Fuga, aveva pagato per tutti i morti che ci erano e che ci sarebbero ancora stati.

Ora, doveva toccare anche a Martinez Anido e ad Arlegui. Ma questo non era più un affare dei tre attentatori di plaza de la Independencia. Quei tre, ora, dovevano pensare solo a fuggire il più lontano possibile.

E i tre avevano deciso che, in qualunque modo fosse andata, si sarebbero separati e ognuno se la sarebbe cavata come meglio credeva. Ognuno per sé e il destino per tutti.

L’11 marzo la polizia della capitale, grazie al sottufficiale Maté che, cercando l’ormai famoso sidecar, aveva trovato un carbonaio che, quella nota sera, mentre i tre procedevano a fari spenti, quasi avevano travolto e ucciso dallo spavento e che, per un breve ma significativo istante, era riuscito a fissare la faccia di Mateu.

Maté chiamò, allora, il suo superiore che inviò ingenti forze a circondare l’edificio di calle Soria. La polizia fece irruzione e lì trovò il nostro sidecar Indian e, all’interno di quello, le cinque pistole che erano state comprate nei Paesi Baschi.

Si potrebbe immaginare lo spavento del nostro sidecar, dopo aver passato due giorni al buio e da solo, nel vedere quella folla armata entrare all’improvviso e cominciare a cercare dappertutto con modi bruschi e insensibili. Poco dopo, giunse un gruppo di giornalisti armati con macchine fotografiche e anche parecchi curiosi. Infine venne portato in una caserma dove dovette subire ogni sorta di analisi e controlli.

Tristezza, solitudine, paura, e anche nostalgia per quei tre amici …

Il giorno dopo, sui giornali, oltre alla notizia del ritrovamento del mezzo utilizzato per l’attentato, comparve la notizia che la polizia ricercava persone di origini catalane.

Quel pomeriggio, nella pensione di calle Alcalá, durante il rito della lettura ad alta voce dei quotidiani, Casanellas cominciò a scherzare: “Questa volta sì che glien’è capitata una buona ai catalani!”.

Lui e Mateu avevano già deciso di cercare di filarsela da Madrid il giorno dopo, ma non potevano certo immaginare che la polizia, grazie al telegramma mandato ai tempi dell’incidente fuori da Zaragoza, era sul punto di localizzare la pensione dove si nascondevano.

Luis e Lucia avevano già lasciato la capitale in treno ed erano tornati a Barcelona, approffittando del fatto che una coppia di giovani sposi non sembrava essere così sospetta.

La mattina di buonora, i due amici uscirono in strada, con l’intenzione di non mettere mai più piede nella pensione e di trovare un modo indolore di lasciare la città prima ed il paese poi.

Mateu, però, lo beccarono il giorno dopo, proprio nei pressi della pensione dato che, stupidamente, come ebbe ad ammettere egli stesso tempo dopo, voleva recuperare una giacca che vi aveva lasciato.

Nicolau e Casanellas, invece, riuscirono a cavarsela in qualche modo.

Nicolau e la sua dolce sposa, dopo essere rimasti nascosti per qualche tempo nella casa della sorella di Archs, riuscirono a raggiungere la Germania, via Francia.

Di Casanellas, se ne persero le traccie per qualche tempo – si seppe in seguito che si era rifugiato per un po’ nei Paesi Baschi – fino a che non sbucò due anni dopo, sano e salvo, nella nuova Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche.

Il 21 giugno dello stesso anno, una soffiata permise agli uomini di Arlegui di mettere le mani sul neo segretario del Comitato Regionale della CNT, Ramon Archs, mentre attraversava plaza Universidad, che non ebbe nemmeno il tempo di mettere la mano alla sua Star.

Ramon venne portato al commissariato di calle Layetana – non prima di averlo massacrato di botte – dove venne torturato per ore da Martinez Anido e da Arlegui in persona.

Il cadavere di Ramon Archs ci mise due giorni ad affiorare in carrer Vila i Vilà, crivellato di colpi, con segni evidenti di sevizie, e con il volto orrendamente sfigurato.

Ley de fuga, naturalmente, fu la versione ufficiale …

Nel settembre del 1921, la polizia tedesca arrestava Luis e Lucia a Berlino. Su di loro, e su Casanellas, pendeva una taglia di un milione di pesetas offerta dalla stato spagnolo. Nel febbraio successivo, la Germania concedeva l’estradizione con, però, la condizione che, in nessun modo, i due fossero condannati a morte.

Nell’ottobre del 1923, venne celebrato il processo contro Mateu, Nicolau, Casanellas (in contumacia) e i loro complici. Per motivi di sicurezza, questo si tenne direttamente nel carcere Modelo di Barcelona dove la maggior parte degli imputati era improgionata.

La sentenza fu di pena di morte per i tre autori materiali, nonostante una lettera di Ramon dalla Russia in cui si assumeva tutta la responsabilità dell’attentato. Il 22 gennaio del 1924, un decreto reale convertiva la pena di morte in carcere a vita, mentre Lucia Pons veniva rilasciata in libertà.

Con l’avvento della Repubblica nel 1931, Mateu e Nicolau,grazie ad una amnistia, uscirono dal carcere, mentre Casanellas, che nel frattempo si era convertito allo stalinismo, rientrò in Catalunya mandato dal Partito Comunista per riorganizzare i comunisti della regione.

Ramon Casanellas morì in un poco chiaro incidente su una delle sue amate moto mentre si recava ad una riunione del Partito a Madrid nel 1933.

Luis Nicolau, dopo la sua liberazione, continuò a militare nella Federacion Anarquista Iberica, e, verso la fine della guerra civile, venne catturato dai fascisti e fucilato.

Pedro Mateu riuscì, invece, a rifugiarsi in Francia dove visse fino alla morte, nel 1982.

E il nostro sidecar Indian?

A differenza del suo equivalente meccanico che aveva trasportato Dato il giorno dell’attentato e che finì in un museo, il nostro, dopo il processo, finì dimenticato da tutti tranne che da noi e da tutti gli amanti della libertà …