PRINCIPIO D’INCENDIO [1968]

 

Mai un’agitazione intrapresa da un numero così ridotto di individui ha occasionato in così poco tempo tali conseguenze.”

[René Viènet, Enragés e situazionisti nel movimento delle occupazioni]

I.

Tre ragazzi immaginari – 26 gennaio

I tre ragazzi immaginari camminavano rapidi al buio delle strade del Barrio Latino. Assolutamente presi dai loro discorsi, non sembravano far caso al gelo che, in quel dicembre, penetrava dappertutto.

Erano tre studenti universitari appena iscritti e, come quasi tutti gli studenti, avevano i soldi sufficienti per un bicchiere di vino nella peggiore bettola del quartiere.

Una sigaretta dopo l’altra, camminavano senza una meta particolare che non fosse il lucido labirinto dei loro propri ragionamenti.

Entusiasti, eccitati, impazienti, determinati – sognanti – come solamente lo possono essere dei ragazzi di 17-18 anni.

Entusiasti – perché si erano conosciuti da appena due mesi e sembravano conoscersi da una vita …

Eccitati – perché avevano appena letto un opuscolo che sembrava scritto con parole uscite dalle loro bocche anche se ancora sconosciute …

Impazienti – perché bruciavano dalla voglia di tradurre in qualcosa di reale quelle parole …

Determinati – a farlo …

Sognanti – erano solo tre ragazzi immaginari …

Si può affermare, senza paura di sbagliare, che in Francia lo studente è, dopo i poliziotti e i preti, l’essere più universalmente disprezzato.”

Così iniziava un opuscolo pubblicato dall’Internazionale Situazionista, nella persona di Mustapha Khayati, su richiesta di alcuni studenti dell’università di Strasburgo, qualche mese prima, e che aveva provocato un enorme ed immediato scandalo.

Di questo, tra le altre cose, parlavano i tre ragazzi immaginari: Della miseria dell’ambiente studentesco.

L’Internazionale Situazionista era nata nel 1957 dalla fusione di vari movimenti d’avanguardia. Nel 1967, erano usciti, oltre all’opuscolo citato, i due testi fondamentali dell’I.S., una critica radicale alla società moderna: La società dello spettacolo, di Guy Debord e Trattato del saper vivere ad uso delle giovani generazioni, di Raoul Vaneigem.

Di cosa parlare, d’altronde, quando si ha solo diciotto anni e ci si è appena iscritti all’università? E quando vuoi rivoltare questo mondo come un calzino? Non devi per forza iniziare da qualcosa?

Perché non iniziare proprio dall’università? – si chiedevano in quelle fredde notti per le strade e nelle piazze.

I tre ragazzi si chiamavano René, Gérard e Patrick.

Tutti e tre, da qualche anno, frequentavano gli ambienti anarchici della capitale francese. Ambienti che, sotto le paludi di un apparente immobilismo, cominciavano ad agitarsi anche per un compresibile ricambio generazionale di cui loro erano l’esempio più lampante.

René Riesel era arrivato in Francia da meno di quattro anni. Era infatti nato ad Algeri da genitori francesi, il cui padre, orafo, era un convinto comunista. Durante la sua infanzia aveva già così respirato il clima della rivolta del popolo algerino contro l’occupante francese e, a 14 anni, dato che la situazione peggiorava in maniera preoccupante, la famiglia aveva deciso di far ritorno a Parigi. Lui si era immerso subito come un pesce nell’acqua in tutti gli ambienti bohemiens e rivoluzionari che era riuscire a scovare.

Già un anno dopo, partecipava alla costituzione del gruppo anarchico di Boulogne, zona in cui abitava, e, con alcuni compagni del suo liceo del XVI Arrondissement, faceva uscire una pubblicazione intitolata Sisyphe, con riferimento evidente allo scrittore Albert Camus, uno che ebbe un’influenza importante sui giovani anarchici degli anni ’50 e ’60. Se ne era andato anche a Londra ad osservare da vicino che cosa accadeva in quella città in cui era esploso un movimento di massa contro il nucleare e la guerra del Vietnam.

Gérard Birgogne era un giovane esuberante – cioè, un bel po’ più esuberante rispetto agli altri due, che di certo non scherzavano in questo senso – uno a cui piaceva andar in giro nella notte alle disperata ricerca di persone e situazioni, che non disdegnava le discussioni accese e le risse.

René si era imbattuto in Gérard per caso (e come, se no). Quest’ultimo era andato da solo a contestare un happening di poesia organizzato da alcuni studenti del campus al grido

GLI SBIRRI, I PRETI DI DOMANI, ANCHE LORO SARANNO POETI!!!”.

René lo aveva incontrato mentre inveiva da solo contro i poetastri il cui servizio d’ordine lo aveva violentamente allontanato. Erano bastate uno scambio di parole e, i due, si erano trovati a meraviglia tanto che quella notte avevano scritto un piccolo opuscolo intitolato Il disonore dei poeti, in omaggio al poeta rivoluzionario e surrealista Benjamin Péret, in cui si invitavano questi giovani aspiranti poeti professionisti ad occuparsi di altro – come per esempio della burocratizzazione, della repressione, della separazione … – per poi concludere:

LA LOTTA CONTRO GLI SBIRRI, I PRETI, GLI SCIENZIATI, I PROFESSORI E I SOCIOLOGI DI DOMANI INIZIA OGGI.

NESSUNA TREGUA AI PROFESsIONISTI E AGLI APPRENDISTI DELLO SPETTACOLO.

CONTRO LA NOIA, IL GIOCO.

CONTRO I “POETI”, LA VITA.

[…]

IL NOSTRO FINE È GODERE.

TRASFORMARE IL MONDO È CAMBIARE ANCHE LA VITA!”

Patrick Cheval, lo avevano conosciuto poco dopo. Uno che sembrava caduto da un altro pianeta, che si era presentato il primo giorno di università con un impeccabile abito che, poi, però, si era mai cambiato.

I tre si erano trovati a meraviglia e gli effetti si erano subito fatti vedere sotto forma di volantino.

[…]

GLI ANARCHICI DEVONO APPROPRIARSI DI TUTTI I CRIMINI PIÙ O MENO COSCIENTI CONTRO LA PROPRIETÀ E L’AUTORITÀ.

DEVONO SOLIDARIZZARE CON OGNI VIOLENZA CHE CONOSCA IL SUO OGGETTO, CON TUTTI COLORO CHE TRATTANO IL NEMICO COME NEMICO.

DOBBIAMO SABOTARE IL FUTURO DELLA POLIZIA DENUNCIANDO I POLIZIOTTI DEL FUTURO.

È LA TATTICA DELLA TERRA BRUCIATA CHE PRIVA IN ANTICIPO IL POTERE DI OGNI PRETESA DI NOVITÀ.

LA COSCIENZA DEVE USCIRE DI PRIGIONE ARMANDOSI DI CATTIVE PASSIONI.

LA LIBERTÀ È IL CRIMINE CHE CONTIENE TUTTI I CRIMINI: È LA NOSTRA ARMA ASSOLUTA.”

I tre ragazzi immaginari, quindi, vagavano pensavano tramavano una notte dopo l’altra. Stringevano amicizie, scambiavano punti di vista, polemizzavano e venivano alle mani – nei bar, nelle manifestazioni, nelle feste degli ambienti studenteschi.

Ma, nonostante tutto, erano ancora solo dei mocciosi senza importanza, gli ultimi arrivati, fastidiosi e degni di considerazione come possono esserlo dei moscerini.

Erano solo tre ragazzi immaginari che si muovevano tra i sentieri del mondo favoriti dall’oscurità della notte.

Fino a quella mattina del 26 gennaio del 1968.

Erano circa una ventina, quella mattina. Ai nostri tre ragazzi si erano uniti Catherine Serre, Bernard Agier, i fratelli Bravermann e degli altri anarchici conosciuti con i soprannomi di l’apache, il bello, i due austriaci ed altri.

Da alcuni giorni le voci incontrollate sulla presenza di poliziotti in borghese all’interno del campus universitario e sull’esistenza di una lista nera degli studenti più radicali si erano fatte sempre più insistenti.

Per questo, René si era messo di nascosto a scattare fotografie degli elementi che sembravano sospetti. Durante la notte precedente, avevano lavorato per realizzare gli ingrandimenti delle istantanee. La mattina dopo, di buon’ora, il gruppo affiggeva le foto ingrandite dei supposti sbirri sulla bacheca degli annunci.

Subito, gli inservienti avevano cercato di rimuoverle, dando vita ad un parapiglia con gli studenti, senza riuscire nel loro intento. A quel punto, il rettore dell’università, Pierre Grappin, ex partigiano molto apprezzato dalla sinistra costituzionale, aveva chiesto, e ottenuto, l’intervento delle forze dell’ordine. Una sessantina di poliziotti in tenuta antisommossa aveva, quindi, fatto irruzione all’interno del campus universitario. Era la prima volta dai tempi della repubblica collaborazionista di Vichy. Solo che, al momento del loro ingresso, il gruppetto di anarchici era stato ingrossato dalla presenza di un centinaio di studenti militanti di gruppi dell’estrema sinistra.

Era così scoppiato un breve ma violentissimo scontro che aveva portato alla devastazione di alcune aule e di parte dell’arredo del campo.

Il giorno dopo, la stampa nazionale dava per la prima volta notizia di un piccolo gruppo di studenti estremamente arrabbiati e pericolosi che, però, ancora non aveva un nome.

II.

Scritto sui muri – 22 marzo

Les Enragés, gli arrabbiati, era stato il suggerimento di René per il nome da dare al gruppo di affinità nato, di fatto, dagli scontri del 26 gennaio. Il nome era un omaggio diretto alla fazione più estremista dell’Assemblea Nazionale durante la Rivoluzione Francese, capeggiata dall’abate Jacques Roux – nome affibiato direttamente durante un discorso da Marat.

Gli Enragés non erano solo studenti universitari. I nuovi arrivati, per esempio, Pierre Lotrous, Patrick Negroni, Pierre Cassère e Angeline Neveu, non avevano niente a che fare con quell’ambiente. In più, René intratteneva rapporti personali con quelli dell’Internazionale Situazionista.

Durante la stessa riunione, era stato anche redatto un comunicato per rispondere alle illazioni della stampa, che accusava i giovani di aver dato del “nazista” all’ex partigiano e rettore Grappin.

Insigni ciarlatani,

tralasciando la solita palude delle vostre idioti falsificazioni, questa volta mentite. Sapete che nessuno sarebbe stato così cretino da dare del nazista al decano Grappin nella manifestazione antipoliziesca di Nanterre del 26 gennaio, e questo per una ragione molto semplice: non è niente di più che uno sbirro.

Detto questo, cominciamo ad essere stufi degli intoccabili della resistenza. Stalin passò dalla Siberia prima di spedirci gli altri, e non è colpa nostra se la maggioranza dei resistenti oggi stanno nella prefettura di polizia e nei ministeri.

Insultate gli “anarchici” se vi divertite: tutto resterà in famiglia; ce n’è per tutti i gusti, ma andateci piano e ricordatevi di Chicago 1886, Kronstadt 1921, Barcelona 1937, Watts 1965. per noi e gli altri queste date parlano in un linguaggio diverso rispetto ai vaghi ricordi di resistenza alla De Gualle-Thorez in salsa Aragon.

Se esistono gli anarchici, sapranno riconoscersi tra di loro prima di sputare addosso a voi e agli studenti “anarchici” di Nanterre. E molto più colti di voi, si ricorderanno di Bonnot, Ravachol e Henry.

Già nessuno crede più alle vostre imposture e lo sapete. Comunque, un avviso: un’altra menzogna in più sulla questione e vi costerà caro.

Questo non è che l’inizio. Non avete finito di sentire parlare di noi.

Nanterre, 2 febbraio 1968. Gruppo degli Enragés.”

E, certamente, gli Enragés facevano parlare di loro. Per interrompere i corsi universitari, facendo irruzione nelle aule, gridando slogan, con una preferenza particolare per quelli del famoso sociologo Henri Lefebvre, indicato come metafilosofo e “metastalinista”. Per la loro critica feroce al sindacato degli studenti, la UNEF. Per la loro costante indisciplina all’interno delle residenze universitarie, cosa che era costata l’ingresso a Gérard e, il 5 febbraio, addirittura l’espulsione dal campus a Patrick.

Il 14 febbraio, in occasione di una giornata di protesta nazionale all’interno delle residenze universitarie organizzata dalla UNEF, i nostri tre ragazzi immaginari si recavano in trasferta a Nantes dove, contrariamente ad altri posti, il sindacato degli studenti era, nella maggioranza dei suoi membri, libertario.

Alla fine della manifestazione, in cui abbondavano le bandiere nere, il corteo veniva brutalmente caricato dalla polizia, dando luogo a numerosi arresti.

A seguito di questi atti quasi quotidiani di indisciplina, di ribellione e di scontro aperto con le istituzioni, il quotidiano Le Nouvel Observateur usciva con un articolo in cui si parlava degli Enragés come studenti “situazionisti”. Un comunicato successivo redatto da Riesel, precisava:

Al contrario di quanto affermato nel n·171 del Nouvel Observateur […], gli Enragés di Nanterre mai hanno fatto parte dell’Internazionale Situazionista e, di conseguenza, non la possono rappresentare […].

Detto questo, insistiamo nel riaffermare date le circostanze la nostra simpatia verso la critica situazionista. Che si giudichi d’accordo con le azioni, la nostra affinità con la teoria radicale.

Nanterre, 21 febbraio 1968. Gli ENRAGÉS”

Intanto, e non solo in Francia, la protesta cresceva. Con il pretesto della guerra del Vietman, la sinistra istituzionale e i vari gruppi stalinisti e trotzkisti miravano ad indirizzare la ribellione spontanea degli studenti in un ambiente a loro più congeniale, come quello dell’antimperialismo e del terzomondismo. Si erano così formati numerosi comitati pro-Vietnam.

Il 20 marzo, in una di queste manifestazioni davanti alla sede dell’American Express, la polizia caricava de arrestava numerosi attivisti. Uno di questi era Xavier Laglande, uno degli studenti più popolari tra i gruppi militanti di Nanterre. Non essendo stato rimesso in libertà nelle ventiquattr’ore, i corsi erano stati interrotti ed era stata indetta un’assemblea in cui si sarebbe deciso il passo successivo.

I tempi erano finalmente maturi per un’occupazione, e gli Enragés lo intuivano. Al termine era stato scelto l’edificio dell’amministrazione.

E, mentre i circa 150 studenti mandavano una delegazione capitanata da Daniel Cohn-Bendit, uno studente del gruppo anarchico Noir et Rouge, salito agli onori della cronaca per aver dato pubblicamente, lui sì, del “nazista” ad un ministro della Repubblica, gli Enragés rompevano gli indugi e facevano irruzione nella sala del consiglio.

Quando era giunta il resto della massa degli studenti, i nostri ragazzi immaginari erano già passati all’azione, o meglio al vandalismo. Le discussioni erano sorte inmediatamente. Cohn.Bendit, in rappresentanza della maggioranza, pretendeva il rispetto degli oggetti e degli arredi. Li avevano incontrati mentre gli Enragés, dopo aver svuotato tutte le bottiglie incontrate per eventuali usi futuri, stavano cercando i dossier degli esami per dargli fuoco.

La tattica della terra bruciata …

La discussione si era rapidamente trasformata in alterco quando gli Enragés avevano individuato tra gli occupanti due noti stalinisti. E avevano preteso la loro espulsione dall’edificio.

Per l’ormai portavoce di un movimento ancora in stato embrionale, Cohn-Bendit, il solo fatto che gli stalinisti fossero lì con tutti loro ad occupare l’amministrazione era la prova che anche loro potevano essere recuperati alla causa della rivoluzione.

Come c’era da aspettarsi, alla parola “recuperare”, gli Enragés avevano reagito come morsi da una tarantola. D’altronde, i riferimenti ideali continui a Kronstadt del 1919, a Makhno, a Barcelona del 1937, negli scritti che avevano distribuito, non poteva far pensare a niente di diverso.

Il gruppo aveva inveito, c’erano stati accenni di rissa, fino a che non avevano deciso i lasciare l’edificio e i loro occupanti al loro destino.

Allo stile degli Enragés, però.

La mattina dopo, le pareti interne degli uffici dell’amministrazione, quelle esterne degli edifici del campus, quelle delle strade intorno, nel quartiere, si erano risvegliate piene di scritte tracciate da spray, tipo:

NON LAVORATE MAI”

LA NOIA È CONTRORIVOLUZIONARIA”

I SINDACATI SONO DEI BORDELLI E LA UNEF È UNA PUTTANA”

PRENDETE I VOSTRI DESIDERI PER LA REALTÀ”

III.

Sotto il pavé, la spiaggia – 6 maggio

Dopo il 22 marzo, i nostri ragazzi immaginari e i loro pochi amici rimasti si erano ritrovati isolati e pressati dalla polizia.

Patrick, all’epoca era lontano, a Bordeaux, per la precisione, dove era andato per prendere contatto con un gruppo locale chiamato Vandali, ed aveva trovato il tempo per fare una puntata a Madrid per lasciare materiale situazionista e farsi rompere un dente in una rissa con alcuni studenti franchisti, e tornare a Bordeaux dove aveva scoperto dell’occupazione a Nanterre per radio, il giorno 23, proprio nel momento in cui la polizia si presentava a casa di Gérard che, in più, aveva ricevuto una lettera in cui lo si “invitava” a comparire davanti al Consiglio disciplinare dell’università.

La sentenza letta davanti ad uno strafottente Birgogne era stata,come d’altronde aveva previsto, l’espulsione per cinque anni da ogni istituto pubblico d’istruzione francese.

Uno dei fratelli Bravermann, Jean Michel, invece, aveva fatto il suo ingresso in un sanatorio a Bayonne.

Quelli che erano rimasti ad occupare l’amministrazione avevano dato vita ad una specie che, chiamato prima “dei 150” poi, poiché non arrivavano nemmeno a quella cifra senza gli Enragés, avevano ripiegato su “del 22 marzo”, li trattavano da “sabotatori e provocatori”.

Insomma, nemici pressoché dappertutto.

Le vacanze per la Settimana Santa ad aprile venivano accolte con un sospiro di sollievo da molti che, evidentemente erano più che stanchi – per esempio, le istituzioni universitarie, i sindacati, le associazioni e gruppi militanti studenteschi, che sentivano la situazione sfuggirli dalle mani.

Ma gli Enragés non mollavano certo la presa.

A NANTERRE COSÌ COME IN ALTRO LUOGO GLI ENRAGÉS VI MANDANO A FARE IN CULO”

Così terminavano un comunicato di risposta al sedicente “movimento del 22 marzo” e alle sue accuse.

Sentivano anche il bisogno, gli Enragés, di specificare meglio il loro pensiero, in un testo un po’ più articolato dei soliti comunicati e volantini.

E ci avevano anche provato a farlo, ma gli eventi correvano più veloci di loro, anche se ci`non li disturbava affatto.

Dopo la crisi dovemmo rinunciare a pubblicare un testo che avrebbe dato l’impressione di profetizzare gli avvenimenti dopo che erano successi”.

Gli eventi, dunque, incalzavano ad una velocità impressionante ma, come si suol dire, loro “avevano seminato i venti del disordine per raccogliere tempeste rivoluzionarie”.

Il 27 aprile, il già idolo delle folle studentesche, Cohn-Bendit, veniva arrestato e rimesso in libertà poche ore dopo. Un episodio, questo, a cui aveva fatto seguito, qualche giorno dopo, il 2 maggio, la chiusura dell’università da parte delle autorità con il pretesto delle minacce del’organizzazione di estrema destra “Occident”.

Lo stesso giorno, il Consiglio di disciplina dell’Università di Parigi convocava otto studenti tra quelli considerati i principali fomentatori delle agitazioni degli ultimi mesi, tra cui Cohn-Bendit e Riesel, per il 6 maggio.

Gli studenti reagivano convocando un’assemblea generale nel patio della Sorbona per il giorno dopo.

Il 3 maggio, gli studenti venivano attaccati dalla polizia e gli scontri si estendevano a tutte le strade adiacenti alla Sorbona. Il bilancio finale era stato di cinquecento arrestati, seguiti, per la prima volta, da giudizi per direttissima e condanne.

Gli Enragés, da parte loro, avevano distribuito un opuscolo non firmato intitolato “Consiglio di disciplina: istruzioni per l’uso”, in cui venivano resi pubblici indirizzi delle abitazioni, numeri di telefono ed altre informazioni private dei membri di detto Consiglio.

Alla fine, era arrivato quel 6 maggio. Gli otto erano entrati nell’edificio che ospitava il Consiglio di disciplina cantando l’Interanzionale, circondati da due ali di folla e da cordoni della polizia. Ma ormai non importava più nulla di cosa sarebbe successo in quella severa aula. Importava quello che c’era e che ci sarebbe stato fuori, nel Barrio Latino, e poi a Parigi, e poi nel resto della Francia, e poi in mezzo mondo …

per dirlo con le parole dello stesso René:

Il 6 maggio, gli eventi cambiano d’intensità e di natura. Ormai, è la strada che canta, tutto si unisce per questo: la repressione e le menzogne della stampa saldano il movimento. Si scopre il piacere dell’azione liberata dalla morsa dei militanti, dalla politica specializzata. Primi abbozzi di barricate, sotto il pavé, la spiaggia, primi carri dell’abbondanza restituiti, incendiati. Soprattutto, per dare ragione alle bugie dei giornali, in scena giovani operai e disoccupati. I blousons noir si uniscono ai teppisti del campus!”

Ma, questa, è già un’altra storia …